In diretta dal 19th EAHP - 28 marzo 2014
Gli iter accademici e post-accademici attuali, molto diversi nei differenti Paesi europei, sono in grado di assicurare al farmacista ospedaliero un'adeguata formazione e la progressiva acquisizione di competenze in linea con le nuove mansioni richieste nell'ambito della gestione di terapie complesse, dell'interazione con gli altri professionisti sanitari e con il paziente, della consulenza clinica, della valutazione e del monitoraggio dei medicinali? È possibile definire un programma formativo comune per i farmacisti ospedalieri europei, in grado di garantire standard clinici d'eccellenza e un percorso di carriera strutturato?
«Finora, l'iter formativo del farmacista, ospedaliero e non, si è concentrato essenzialmente sulle conoscenze farmacologiche di base e sull'acquisizione delle competenze che permettono l'ingresso nella professione», ha spiegato Keith Wilson della Aston University di Birmingham (Regno Unito) in occasione del 19° Congresso della European Association of Hospital Pharmacists - EAHP 2014 "The innovative hospital pharmacist - imagination, skills and organisation" (26-28 marzo - Barcellona, Spagna). «Nonostante la continua evoluzione dei compiti del farmacista, l'introduzione di terapie avanzate e complesse e le crescenti esigenze di monitoraggio e valutazione post-marketing dei medicinali, continua invece a mancare un percorso strutturato post-accademico che permetta al farmacista ospedaliero di specializzarsi in specifiche aree cliniche o settori di attività, arrivando progressivamente a sviluppare quel livello di conoscenze e professionalità necessario per assumere ruoli di consulenza in farmacia pratica. Attualmente, nel Regno Unito, l'educazione continua è basata sulle scelte individuali, non necessariamente corrispondenti agli effettivi bisogni di specializzazione del professionista nello specifico settore di attività, e senza una verifica dell'impatto delle nuove competenze acquisite sulle performance. Gli avanzamenti di carriera sono generalmente stabiliti dal datore di lavoro e correlati alle aspirazioni del singolo. Per sviluppare un modello formativo strutturato che promuova una crescita professionale in linea con le esigenze dell'attività ospedaliera si dovrebbero definire programmi di educazione continua in grado di potenziare competenze operative specifiche nei macro-domini della dispensazione delle terapie, della risoluzione dei problemi, delle capacità comunicative e relazionali, della gestione e organizzazione. In base alle competenze acquisite, verificate e periodicamente rivalutate, si dovrebbero poi individuare diversi livelli di carriera, distinguendo il farmacista ospedaliero con un elevato grado di competenze generali e funzioni di consulenza (farmacista-consulente) da quello con una conoscenza approfondita in un determinato ambito clinico (farmacista-specialista). La formazione dovrebbe essere di tipo tecnico-pratico e organizzata all'interno del luogo di lavoro, ma senza svincolarsi completamente dall'ambiente accademico, per consentire un costante aggiornamento e sviluppo anche del bagaglio conoscitivo».
Nell'ottobre 2013, il Parlamento Europeo ha votato un emendamento (2013/55/EC) a favore del riconoscimento transnazionale della professionalità del farmacista ospedaliero nei diversi Paesi dell'Unione, laddove la precedente Direttiva 2005/36/EC prevedeva questa possibilità soltanto per medici e odontoiatri. Tuttavia, prima che questa opportunità possa tradursi in realtà sarà necessario compiere un intenso lavoro di armonizzazione tra i percorsi formativi e professionali dei 27 Stati membri. «Attualmente, nella Regione europea, esistono una notevole varietà di qualifiche per il farmacista ospedaliero e metodi di valutazione estremamente diversi», ha aggiunto Keith Wilson. «Per assicurare standard di carriera omogenei, restano diverse questioni chiave da analizzare, in particolare le modalità di validazione delle competenze di base individuali, il bilancio tra lo sviluppo uni-professionale e inter-professionale, l'individuazione della figura che deve assumersi la responsabilità del percorso formativo (il singolo professionista, la struttura di appartenenza o il regolatore) e se il settore d'attività specifico resti una valida discriminante».
«Il farmacista ospedaliero», ha aggiunto Bertrand Décaudin dell'Ospedale Universitario di Lilla (Francia), «dovrebbe essere inserito in un ciclo di educazione continua a lungo termine, che gli consenta di mantenersi costantemente aggiornato e sviluppare sempre nuove competenze in linea con i bisogni che via via si delineano durante la vita professionale. Il livello conoscitivo e tecnico-pratico dovrebbe, inoltre, essere periodicamente rivalutato per verificare che la professionalità raggiunta sia mantenuta e sia in linea con le mansioni richieste dal ruolo assolto in ambito ospedaliero. Oltre che gli aspetti teorici della professione, questa verifica deve riguardare le competenze operative che risultano critiche per garantire prestazioni d'eccellenza».