Evitare gli sprechi e investire in modo costo-efficiente è sempre auspicabile, ma quando le risorse dei sistemi sanitari appaiono ai limiti della sostenibilità diventa una necessità imprescindibile. In questo contesto, la spesa farmaceutica rappresenta non soltanto una delle principali voci di spesa dei bilanci di tutti i Paesi europei, ma anche una delle aeree in cui il risparmio può essere ottimizzato attraverso una maggiore appropriatezza: modalità che, peraltro, non penalizza, ma favorisce i destinatari delle cure.
«Per poter valutare oggettivamente quali siano le soluzioni terapeutiche in grado di garantire i migliori esiti clinici al costo complessivamente più vantaggioso per il sistema sanitario», ha sottolineato Matthias Schwenkglenks dell'Institute of Pharmaceutical Medicine dell'Università di Basilea e dell'Institute of Social and Preventive Medicine dell'Università di Zurigo (Svizzera) in occasione del 19° Congresso dell'European Association of Hospital Pharmacists - EAHP 2014 "The innovative hospital pharmacist - imagination, skills and organisation" (26-28 marzo - Barcellona, Spagna), «è necessario effettuare studi farmacoeconomici solidi e rigorosi, che tengano conto di tutti gli aspetti connessi alla specifica terapia e ai suoi effetti a breve e a lungo termine. D'altro canto, oggi, le industrie farmaceutiche che vogliano introdurre un nuovo farmaco sul mercato e ottenerne il rimborso da parte dei sistemi sanitari devono produrre, accanto ai dati clinici di sicurezza ed efficacia, anche stime dell'impegno economico richiesto dalla nuova terapia (per se e in rapporto ai trattamenti in uso), a supporto della sua costo-efficienza». La farmacia ospedaliera, che gestisce abitualmente farmaci innovativi ad alto costo, soprattutto in ambito oncologico, immunologico, neurologico e delle malattie rare, deve conoscere le basi della valutazione farmacoeconomica ed essere in grado di interpretarne correttamente gli esiti per poter operare scelte vantaggiose per i pazienti e per la struttura sanitaria, offrendo terapie innovative o comunque costose a chiunque ne abbia bisogno, nel rispetto dei limiti di budget. «La valutazione farmacoeconomica è un aspetto chiave dell'Health Technology Assessment (HTA), un modello di analisi sempre più utilizzato dai decisori politici per individuare strategie di allocazione razionale e costo-efficiente delle risorse disponibili», ha spiegato Matthias Schwenkglenks. «Ogni studio farmacoeconomico è indirizzato a comparare costi ed efficacia clinica di un nuovo farmaco con una o più delle terapie esistenti per la cura della stessa patologia, preferibilmente scelte tra quelle indicate dalle linee guida. Per poter offrire informazioni attendibili e utili ai fini delle scelte di rimborso, l'analisi deve partire da un'ipotesi economica focalizzata su caratteristiche rilevanti dei farmaci che si vogliono comparare ed esaminarle nella popolazione target corretta (eventualmente suddivisa in sottogruppi di specifico interesse) e di dimensioni adeguate. Di norma, la valutazione farmacoeconomica si basa su una molteplicità di fonti. Il tipo di studio in grado di fornire dati di base internamente più affidabili è il trial randomizzato controllato (RCT) multinazionale, ma la sua validità esterna può essere limitata e non riflettere la pratica clinica. Per ottenere informazioni più "realistiche" si può far riferimento a studi osservazionali locali, dati amministrativi e Registri di pazienti. Qualora servano dati a più lungo termine rispetto al periodo di follow-up disponibile, sarà necessario individuare anche un modello di estrapolazione/proiezione dei dati per l'intero periodo di interesse. In ogni caso, è fondamentale che gli esiti clinici considerati ai fini dell'analisi siano rilevanti per il paziente e non outcome surrogati di scarso valore. Qualunque valutazione farmacoeconomica è caratterizzata da un margine di incertezza più o meno ampio: esserne consapevoli e quantificarlo è essenziale per un'interpretazione corretta dei risultati. Per valutare questa incertezza di norma si effettua un'analisi di sensitività, di tipo deterministico e probabilistico».
Esistono tre principali tipologie di studio farmacoeconomico: di costo-utilità (CU), di costo-efficienza (CE) e di costo-beneficio (CB). Tutti si basano sullo stesso approccio analitico, ma le indicazioni che forniscono rispetto agli effetti clinici in rapporto al costo della terapia sono differenti. «Di norma», ha spiegato Matthias Schwenkglenks, «gli studi farmacoeconomici maggiormente informativi in ambito sanitario sono gli studi CU che forniscono risultati di efficacia clinica in termini di QALY (Quality Adjusted Life Year), indicando il guadagno in termini di sopravvivenza e qualità di vita offerto dalla nuova terapia rispetto ai comparatori. Sul piano della costo-efficienza, di norma, quando il nuovo farmaco è più costoso di quelli in uso, il parametro utilizzato per valutare il vantaggio associato alla terapia innovativa è il rapporto di costo incrementale (Incremental Cost-Effective Ratio, ICER), corrispondente alla differenza di costo tra i due farmaci confrontati, divisa per la differenza nell'efficacia clinica, espresso in termini monetari. L'ICER/QALY corrisponde alla spesa necessaria per guadagnare un anno di vita di migliore qualità, ma per essere utilizzato correttamente questo valore deve essere interpretato in funzione della popolazione alla quale è destinato il nuovo farmaco (età, specifica patologia ecc.), dell'outcome analizzato (meccanismo d'azione, sopravvivenza, qualità di vita ecc.) e del contesto sanitario. Nell'analisi dei costi è, inoltre, indispensabile esaminare, correttamente e in prospettiva, non soltanto la spesa sanitaria e non-sanitaria diretta connessa ai farmaci comparati, ma anche i costi indiretti che ricadono sul paziente e sulla società. Qualora una nuova molecola sia giudicata costo-efficiente, ciò non significa necessariamente che essa sia anche più economica delle terapie di confronto: è il caso di terapie avanzate onerose, ma in grado di assicurare un sostanziale miglioramento clinico, come i farmaci biologici e le target therapy usate in oncologia. In questi casi, la possibilità di utilizzare o meno la nuova strategia di cura da parte della struttura ospedaliera e/o di rimborsarla da parte del sistema sanitario richiede l'esecuzione di un ulteriore studio di impatto economico, nonché considerazioni di tipo etico e sociale, per verificarne la sostenibilità».